Sono veramente sconvolto della persecuzione che il professor Vattimo sta subendo da anni per la sola colpa di essere anziano, nonché, ma questo viene dopo, gay e capace di gratitudine verso un altro uomo che lo sta accompagnando negli anni del tramonto.

Che non si tratti di un caso di circonvenzione di incapace appare abbastanza ovvio a tutti giacché le sue interviste in questi anni sono quelle di una persona lucida (per quanto marxista), non dell’ombra del filosofo che era: un uomo ben cosciente della sua vita e di ciò che sta facendo.

 

Epperò ci sono le intercettazioni, epperò gli amici dicono che, epperò, epperò, epperò”.

L’orrore di una vita trascinata nuda e incatenata davanti a un tribunale sta tutto qui: quello che è normale nella vita privata di coppia di ognuno di noi diventa all’improvviso alieno, più che deforme, sintomo di malattia.

Ma chiunque abbia avuto per una volta sola una relazione di coppia, chiunque per una volta sola si sia innamorato ha vissuto le stesse vicende del professor Vattimo.

 

Quanti tra noi hanno accettato o accettano un rapporto squilibrato, dove all’affetto di uno a volte corrisponde la freddezza del compagno o della compagna? Quanti di noi, in vista del superiore interesse di conservare una relazione a cui si tiene, magari anche solo perché ultradecennale, a volte tacciono e fanno finta di non vedere le debolezze di quella storia, un bilancio che forse non è in pareggio.

Lo abbiamo fatto, lo facciamo tutti: io sicuramente e convintamente: è la nostra libertà di decidere come vogliamo vivere, cosa scegliere per renderci felici.

Non importa quante corna hai oppure metti se il vostro rapporto si fonda su altro. Non importa se molte cose vi dividono se ogni giorno vi cercate: è una scelta tua, solo tua sulla quale nessuno dovrebbe poter andare oltre il fraterno consiglio di un amico che ti chiede se ne sei davvero convinto. Di certo non dovrebbe essere ammissibile che un pubblico ministero possa permettersi di discutere la bontà dei tuoi sentimenti o di quelli della persona che ha scelto di esserti compagna.

Ancora una volta: se non ho alcuna fiducia nella magistratura, ne ho ancora meno ora, in un caso palese in cui i pregiudizi diventano la violenza della legge e dello Stato contro la vita di una persona che chiede solo di spendere i suoi ultimi anni in pace e tranquillità. E penso anche, con spavento, che ognuno di noi potrebbe trovare domani un tribunale sulla strada della propria vita privata.

 

Ricordo che questo Paese un paio di mesi fa ha visto un ex presidente del consiglio ultraottantenne celebrare delle finte nozze con una signora a cui ha già regalato una carica parlamentare e cui regalerà probabilmente un lascito di qualche decina di milioni di euro qualora la natura lo reclamasse anzitempo, analogamente a quanto del resto già ha legittimamente e con molta eleganza fatto con la precedente compagna. Ecco a me pare che il racconto sia esattamente lo stesso: due persone adulte che dispongono della propria vita, del proprio denaro e della propria immagine scegliendo in maniera assolutamente consapevole cosa fare per non sentirsi soli in una quotidianità che può essere disperata.

 

Bisognerebbe essere capaci di essere umani, di vedere fronte a noi un altro essere umano che sta solo cercando un modo per vivere, e di rispettarlo e di rispettarne la volontà fino alla frontiera vera della violenza e della circonvenzione che in questo caso proprio non appare raggiunta.

Chi sono io per giudicare”, non è solo una frase tartufesca: dovrebbe essere la domanda terribile per tutti noi, il ricordo che per ogni pagliuzza che vediamo nell’altro c’è una trave da qualche parte dentro di noi, che ognuno di noi è un ricettacolo di debolezze e miserie di cui conosce bene ogni ragione e ogni scusa per accettarle e giustificarle; dovremmo ricordarlo sempre quando ci apprestiamo a giudicare non i fatti ma le persone e la loro anima.