La pandemia, le scelte di sicurezza pubblica prima e sanitarie poi hanno rivelato quanto i mostri dell’irrazionalità e della pretesa egoistica di modificare la realtà a immagine e somiglianza delle proprie attese siano oramai in possesso di troppe menti, anche di persone per altri versi razionali e intelligenti.

Uno degli effetti di questo fenomeno di possessione è l’attenzione ossessiva alle morti del prossimo.  Oramai non c’è decesso intorno al quale non si ritrovino schiere di novelli investigatori dell’impossibile pronti a chiedersi se la morte del celebre ex calciatore o l’aggravamento delle condizioni di quell’altro non siano dovute a “questi vaccini”, come se il primo non avesse avuto una leucemia acuta ben grave e il secondo non sia un miracolato giacché di sopravvivenze al cancro del pancreas lunghe 5 anni ancora non se ne vedono molte, ma tutto fa brodo.  Quando poi uno finisce sui giornali perché si schianta in auto per un infarto, o sia accascia a terra dopo una maratona, allora è l’Oktoberfest: tintinnano i boccali di birra e si intonano canzoni sconce per ascrivere l’evento a tutto tranne che alla sfortuna di sottostanti patologie preesistenti e non diagnosticate.

 

A molti sfugge, ma ogni anno muoiono nel mondo circa 4,5 milioni sono colpite da morte cardiaca improvvisa, 50-60.000 solo in Italia (https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/cardiologia/morte-cardiaca-improvvisa-la-prevenzione-e-possibile, https://www.salute.gov.it/resources/static/ministero/usmaf/ACLS_giugno_2010/arrestoCC.pdf.

È paradossale ma molti sono giovani “atleti”, perché alcune attività sportive non richiedono esami clinici “seri” e quindi è possibile che alcuni problemi cardiaci non siano rilevati.  Anche quando si tratta di professionisti, il cuore può mentire: è il caso di Christian Eriksen, finito per terra per arresto cardiaco durante Euro2020, ben prima di ogni vaccino anti covid, o quello di Davide Astori che aveva giocato pure in azzurro: il suo cuore s’è fermato nel 2018 la notte prima di una partita della sua squadra (https://it.wikipedia.org/wiki/Davide_Astori).

 

Quando poi si passa allo sport dilettantistico (con appunto ben meno controlli) la situazione spiega molto bene quanto i “sani” siano in “salute”: sono lì, belli rigogliosi e passano dal calcetto al cimitero nel giro di un paio di giorni, una cosa così incredibile che per lungo tempo la si è accettata come opera del fato.

Queste storie sono devastanti e il Presidente della Repubblica Mattarella ne ha scelta una nel 2018 per nominare un Cavaliere della Repubblica: Vincenzo Castelli, un allergologo, padre di Giorgio Castelli, giovane calciatore stroncato da un arresto cardiaco mentre si allenava nello stadio di Tor Sapienza nel 2006. Dopo la morte del figlio ha creato, insieme alla moglie Rita e agli altri due figli Alessio e Valerio, la Fondazione di ricerca scientifica Giorgio Castelli, il cui obiettivo è contribuire alla lotta alle malattie cardio-vascolari attraverso la promozione e divulgazione della cultura dell’emergenza e del primo soccorso.

 

Insomma, ci sono da sempre decine di migliaia di morti “improvvise” ogni anno e nessuno le ha mai degnate di attenzione al di fuori dei decessi famosi, dei congressi di cardiologia (dove ci sono sempre state sessioni ad hoc) e delle cerchie di riferimento delle vittime; certo il bambino di 12-14 anni che si accascia sul campo di calcetto ha sempre fatto impressione, ma raramente si è andati oltre il trafiletto sul quotidiano locale.

È solo dal 2017, che le società sportive devono avere un defibrillatore semi-automatico per far fronte a casi di arresto cardiaco all’interno dei loro impianti, quella norma è figlia di tante battaglie “dal basso”, di genitori e comunità devastate dalla perdita di giovanissimi sportivi.  Nella scorsa legislatura è stato presentato anche un progetto di legge per rendere obbligatori gli esami autoptici in questi casi, una proposta interessante perché potrebbe aumentare la conoscenza su un fenomeno che può avere molte diverse cause (https://www.osservatoriomalattierare.it/news/politiche-socio-sanitarie/18775-morte-cardiaca-improvvisa-un-disegno-di-legge-per-favorire-diagnosi-e-prevenzione) spero che questa proposta sia ripresentata.

 

E ora, occupiamoci di Pfizer e Moderna.

Da quando siamo stati tutti quanti costretti prima a casa e poi a vaccinarci per impedire che una malattia respiratoria continuasse a fare strage non solo dui vecchietti ma anche di giovani adulti impegnati in servizi strategici, è tutto un fiorire di analisti dei fondi di caffè che addebitano persino le ragadi anali ai “maledetti vaccini”.

In realtà, non c’è nessuna sperimentazione in corso e nessuno studio degno di questo nome (numeri credibili, autori decenti, rivista degna, peer review) che mostri un incremento di mortalità per tale specifica ragione; secondo i CDC, studi ben condotti, sottoposti a revisione paritaria e pubblicati suggeriscono che il rischio di morte è più elevato per gli individui non vaccinati per quasi tutte le fasce di età (https://www.cdc.gov/mmwr/volumes/71/wr/mm7104e2.htm).

Di recente, negli USA a Pfizer e Moderna è stato chiesto da FDA di condurre studi post-marketing di sicurezza; questi studi rientrano nella normalità del post-marketing.

In Unione Europea, per esempio, già dal 2004 il Regolamento (CE) n. 726 stabilisce che «in circostanze eccezionali e previa consultazione del richiedente, un’autorizzazione può essere rilasciata a condizione che il richiedente istituisca meccanismi specifici, in particolare concernenti la sicurezza del medicinale e l’informazione alle autorità competenti in merito a qualsiasi incidente collegato all’impiego del medicinale e alle misure da adottare».

Dal 2011, poi praticamente tutti i farmaci (i vaccini ecc..) approvati da EMA sono sottoposti al cd. “monitoraggio addizionale” che aumenta la possibilità per EMA e le autorità nazionali di reagire prontamente alle segnalazioni di farmacovigilanza, attivando così i poteri di investigazione.

Non c’è nulla di straordinario, è la norma in Paesi in cui l’industria farmaceutica è una risorsa strategica di salute pubblica e quindi è sottoposta a controlli continui.

 

Poi però ci sono anche i numeri: secondo i CDC ci sono tra i 52.4 e i 56.3 casi di miocarditi per milioni di dosi dei vaccini di Pfizer e Moderna, rispettivamente. Con questi numeri è veramente difficile affermare qualunque correlazione tra vaccini e miocarditi nella popolazione generale “sana”: se si guarda qualunque “riassunto delle caratteristiche del prodotto” di qualunque farmaco si vedrà che gli “effetti indesiderati rari” sono quelli che possono manifestarsi fino a 1 persona su 1000, qui stiamo parlando di effetti diverse volte meno frequenti.

 

Ora, suggerisco di “disegnare uno scenario” (come si dice in gergo): abbiamo un intervento sanitario dopo il quale (è un dato statistico, non di correlazione sanitaria) si verificano 52 eventi avversi di varia intensità e conseguenze ogni milione di interventi.

Se anche il dato statistico fosse di reale correlazione, e nulla lo prova finora, quante sono le patologie di cui ci occupiamo e per le quali cerchiamo una cura perché fanno ammalare (non uccidono, fanno ammalare) 52 persone ogni milione di persone esposte al patogeno? Non molte.

Se stessimo applicando il metodo RAND per valutare gli interventi sanitari, non troveremmo un medico solo così folle da dire che è appropriato trattare tutta la popolazione per un patogeno che vanta addirittura 52 malati ogni milione di esposizioni, con una evoluzione nella gran parte dei casi innocua.

Ecco: qui si contesta un trattamento perché sono stati registrati 52 eventi indesiderati (di diversa ampiezza e gravità) ogni milione di somministrazioni e non si sa neppure quale sia l’effettivo legame tra i due numeri: è la fallacia del “post hoc ergo propter hoc”, contro la quale come direbbero i Borg “ogni resistenza è inutile”.

 

Ho cercato di usare i numeri, e la morale almeno a mio avviso è che i motivi per i quali si dedica così attenzione a ogni presunto evento avverso eccetera eccetera non c’entrano nulla né con le preoccupazioni sanitarie né con un sincero dolore per delle persone che hanno avuto la sfortuna di condizioni patologiche non diagnosticate.  Giocare alla roulette russa con i morti, sperando che questi confermino i nostri pregiudizi è veramente triste.