Invece, questo primo dicembre è la storia di una delusione, di una cocente delusione…
Che il dato del 2020 fosse stato guidato dai lockdown era evidente, che l’incremento delle infezioni registrato tra il 2021 e il 2022 fosse da attendersi altrettanto, che si trattasse semplicemente di un rimbalzo temporaneo legato che non avrebbe pregiudicato ripresa del trend virtuoso di riduzione delle nuove infezioni era la mia speranza. La relazione 2024 del Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità racconta una storia diversa.
Guardando i numeri, una cosa appare chiara: la situazione non sta migliorando come sperato. Le terapie continuano a funzionare e la PrEP è ormai una realtà consolidata. Nonostante questi strumenti, ci troviamo di fronte a una crescita preoccupante delle infezioni.
Analizzando i dati, emergono alcune osservazioni significative:
- I numeri più alti si registrano tra gli adulti di età compresa tra i 25 e i 49 anni.
Sebbene i più giovani sembrino meno coinvolti – forse a causa di un cambiamento nei comportamenti sessuali – è evidente che la “generazione di mezzo” sta affrontando un aumento delle infezioni. Questo potrebbe riflettere una percezione errata di “libertà” o di riduzione del rischio che, purtroppo, non corrisponde alla realtà. - Crescita delle infezioni tra gli eterosessuali.
Le curve indicano un incremento più marcato rispetto alla popolazione omosessuale, con una disparità di genere – la curva dell’incremento delle infezioni per le donne eterosessuali è più ripida rispetto a quella degli uomini – che è in qualche modo preoccupante (gli uomini, con la loro propensione a “darla via” con più facilità, sono da sempre il motore di questa infezione: come si spiega questo andamento nel gruppo femminile?). - Diagnosi tardive.
Un dato che non si può ignorare è quello relativo allo stato di salute dei nuovi diagnosticati. Circa il 60% delle persone riceve la diagnosi in una fase avanzata dell’infezione (sotto i 350 CD4), e quasi il 25% arriva alla diagnosi già in stato di AIDS. Questo lascia intendere che molte infezioni rimangono non diagnosticate per anni, alimentando la diffusione del virus tra altri soggetti che – a loro volta – resteranno a lungo senza diagnosi e senza terapie.
Il punto critico potrebbe risiedere in un cambiamento culturale e sociale. L’efficacia delle terapie e la diffusione della PrEP hanno contribuito a ridurre la paura, ma forse anche la percezione del rischio. Questa situazione potrebbe aver favorito l’aumento di infezioni non diagnosticate, creando un “serbatoio” di persone inconsapevoli della propria condizione.
Inoltre, il confronto con altri paesi europei (Spagna, Francia, Germania, Austria) mostra che l’Italia registra un aumento leggermente superiore.
Mi pare innegabile la necessità di una riflessione su temi come la prevenzione, la promozione della salute sessuale e l’accessibilità agli strumenti di diagnosi precoce.
Per non turbare gli animi di un’opinione pubblica che mostra sempre più di non volere guardare in faccia le cose scomode (che si tratti di guerre, energia, malattie, scelte economiche da farsi) una politica imbelle e inetta e una classe intellettuale complice hanno sabotato per anni qualunque sensato programma di prevenzione.
Le persone fanno sesso fuori dal matrimonio e senza protezione da sempre e continueranno così, mentre a livello locale ci sono ritardi vergognosi sulla profilassi pre-esposizione (PrEP) per HIV e le strategie vaccinali o di profilassi farmacologica per altre malattie sessualmente trasmissibili: preferiamo prevenire le nuove infezioni oppure preferiamo presentarci da Nostro Signore dicendo “ho combattuto il peccato”… seminando malattie e morte?
Vogliamo continuare ad aspettare che i nuovi diagnosticati arrivino con diagnosi sempre più tardive (cosa che tra l’altro peggiora le prospettive di trattamento e le attese di salute futura per i pazienti) oppure guardare in faccia la realtà e rendere obbligatorio il test su tutte le malattie sessualmente trasmissibili per chiunque entri in un pronto soccorso? Trovare i nostri concittadini ignari di avere una MST vorrebbe dire svuotare i serbatoi di infezione, stroncare la diffusione, anticipare il giorno dell’irrilevanza delle MST nella nostra società.
La scienza ha compiuto passi straordinari: abbiamo strumenti efficaci per prevenire e trattare l’HIV e le altre malattie sessualmente trasmissibili. Ma questi progressi non sono sufficienti se non accompagnati da un impegno collettivo per migliorare la consapevolezza, ridurre i pregiudizi e promuovere comportamenti responsabili.
Credo che la curva riprenderà a scendere, ci credo perché è l’unico destino ammissibile, perché la mia generazione deve essere così forte da portarsi nella tomba questa storia così dolorosa; è il solo modo per rendere giustizia a tutti quelli che non ce l’hanno fatta, ogni giorno di ritardo è solamente un crimine.