Per la generazione dei milanesi che ha vissuto la nascita del suo mito, la morte di Silvio Berlusconi è un evento che va oltre la politica.
Era poco più che bambino quando tutto è iniziato, l’amalgama di tante personalità e visioni che lui incarnava era incredibile.
C’era di tutto: l’imprenditore, il costruttore che non si accontenta di fare il palazzinaro e costruisce città satellite la cui bellezza è immutata ancora oggi , lo sportivo appassionato tra gli ultimi presidenti di squadra di calcio “dei vecchi tempi”, l’uomo che incarnava lo spettacolo e ne capiva le regole e forse davvero, come diceva Biagi, se avesse avuto le tette avrebbe voluto fare anche l’annunciatrice.
E poi, per noi milanesi ma non soltanto, c’era il fatto che era chiarissimo che dietro così tanta ecletticità c’era proprio un modo diverso di essere, uno spirito in contrapposizione alla lagna degli anni ‘70, un modo diverso e intimamente politico, una vita che era di per sé politica, e ci aspettavamo come inevitabile la sua “discesa in campo”.
Quando nel 1994 distribuì la sua famosa prima videocassetta per me fu in parte la fine di un incubo: qualcuno aveva deciso di fermare la marmaglia rossa con e senza toga e di proporre un modo di intendere la nostra società più vicino a quello in cui credevo io.
Ma no, non era liberale.
Meglio: lo era nel senso ottocentesco del termine, quello di un signore bonario, tollerante con amici e nemici, sempre disposto ad aiutare (questa cosa lo metterà nei guai ma sarà anche la ragione della sua assoluzione nell’ultimo processo: per lui elargire soldi a destra manca era solo un modo di essere). Ma non era un liberale in senso politico.
La parola gli piaceva molto e l’ha usata diffusamente, ma il liberalismo a prevede un impegno e un coraggio che a lui incredibilmente sono mancati.
Ha capito in fretta che questo Paese non era liberale e si è adeguato diventando prima democristiano, dopo il 1994, e poi addirittura cattolico, lui il puttaniere per eccellenza amato da milioni di persone proprio per questa sua capacità di essere leggero.
Il nostro futuro sarà più triste senza quest’uomo capace di vedere quanto sia ridicola nostra condizione e di non prendere nulla sul serio. A me mancherà, mancherà molto di più a chi l’ha odiato fino ad oggi traendo da quest’odio la giustificazione per la propria esistenza.
Con Silvio Berlusconi si chiude una pagina purtroppo e spero irripetibile della nostra storia.
La sua è stata davvero “una storia italiana” come la definì nel fascicolo elettorale del 1994, in lui la grandezza e le contraddizioni della nostra Nazione si sono mostrate in tanti scintillanti colori.