Credo di non essere il solo a osservare la progressiva trasformazione di LinkedIn in un qualcosa che non c’entra nulla con un social network per professionisti.

Agli inizi, pensavo che questa fosse sostanzialmente una piattaforma che nessuno usa tranne quando cerca lavoro, allora aggiornata il curriculum, pubblica qualcosa, riattiva la sua rete di contatti e via… Poi mi sono accorto che si sono anche altri usi per questa piattaforma, e che, anche se naturalmente c’è un sotteso commerciale e/o di autopromozione, è possibile incrociare anche contenuti interessanti sui quali confrontarsi da prospettive che sono appunto quelle dell’esperienza professionale.

Da un po’ di tempo osservo, appunto, un apparente progressivo mutamento del tipo di contenuti che mi vengono proposti dall’algoritmo.

Sarò io che in maniera disattenta clicco dove non dovrei, o che ho inserito nella mia rete persone che hanno scambiato LinkedIn per una versione meno frequentata di Facebook o di Instagram, ma resta il fatto che collegarsi e trovare sempre più spesso nella propria timeline lo sproloquio di chi collega il guasto al frigorifero alla terza dose del vaccino, un post (proprio come questo post qui) su quanto erano belli i vecchi tempi andati, uno in cui ci si fa dibattito politico… beh mi lascia sempre perplesso.

Sono tutti argomenti degni e io stesso ne discuto, ma altrove, su pagine specializzate, con quella bolla di amici ci hanno i miei stessi interessi politici o apprezzano discutere sugli stessi temi che interessano a me.

Qui, ogni tanto mi sembra di essere quello che va dal salumiere e sul bancone si ritrova le cubiste anziché il taleggio, va all’anagrafe e trova una retrospettiva di Fassbinder.

Ripeto può anche darsi che tutto nasca da comportamenti poco attenti, resta il fatto che mi pare che tutti questo privi la nostra esperienza su LinkedIn di una parte del suo valore.

 

E adesso che mi sono sfogato come un vecchietto che ricorda i bei tempi della TV in bianco e nero, vado a cercare le barzellette su un altro social.