Oramai quelli di Lega Salvini Premier sono proprio dei poveretti, hanno così poca fantasia da dover persino copiare lo slogan della Daniela Santanchè ai tempi de “la Destra”, insomma non hanno proprio più nulla da dire.
Del resto, quando passi anni a recitare le giaculatorie nei comizi, prima e dopo esserti avvinghiato a salamelle e cubiste (non c’è nulla di male in entrambi gli avvinghiamenti, ma non sono suggeriti per darsi un tono istituzionale e nulla aggiungono al dibattito pubblico) è abbastanza facile scivolare su un piano di comunicazione fatto di anacoluti imperativi.
Questa semplificazione del messaggio oltre i limiti dell’indicativo presente del verbo essere, del resto, è un patrimonio purtroppo oramai di gran parte della nostra politica a destra e sinistra, e in questo mese la complessità del dibattuto promette di non spostarsi molto dal celeberrimo “lupo ululì castello ululà”.
È un problema, significa che, così come oltre la metà dei voti validi del 2018 sono stati espressi a favore di partiti illiberali (quasi tutti), populisti (in particolare Lega e FdI) e fascisti (i cinque stelle), quest’anno rischiamo di replicare il risultato scendendo però ancora più in basso per quanto riguarda la “qualità” (già da lungo tempo infima) delle proposte.
L’unica consolazione è che ci saranno molte occasioni per sfoderare la capacità di trasformare queste “proposte” in calembour.