Fetta dopo fetta, come un branco di roditori che ha trovato una forma di grana incustodita, gli operai della società incaricata stanno demolendo quello che un tempo era l’hotel Michelangelo.
Siamo in Europa e le spettacolari e pirotecniche demolizioni a base di esplosivo con le quali si celebrano l’abilità del tecnico che fa i calcoli e la maschia energia della civiltà degli esplosivi qui non si usano; nessuno autorizzerebbe un intervento simile nel cuore di Milano, così la demolizione avviene piano per piano facendo calare man mano l’impalcato di demolizione.
Rosicchiato più o meno un piano a settimana, il vecchio hotel presto diverrà sconosciuto alla memoria dei nuovi milanesi e dei turisti.
È stato “il mio primo grattacielo”, era a poche decine di metri dalla casa della mia infanzia e ci passavamo davanti quando in anni lontanissimi si andava in stazione centrale ad accogliere un parente o, cosa incomprensibile oggi, per telefonare agli zii espatriati (dove, oggi, in fondo alla galleria del piano treni, si trova l’ennesimo ristorante un tempo c’era la sede dell’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici, che permetteva di telefonare in giro per il mondo a un costo contenuto, altro che le videochiamate di WhatsApp).
I decenni passano e l’hotel Michelangelo ha perso in fretta l’allure di modernità che aveva per il fatto di essere un grattacielo e per il suo colore così originale e distante dal luogo comune del vetro e dell’acciaio.
I proprietari non hanno mai investito veramente nell’albergo per mantenerlo all’altezza delle sue possibilità, forse anche perché la nascita di Milano come città turistica è tutto sommato cosa recente, era il classico albergo che ospitava impiegati in convenzione aziendale durante le trasferte e cose simili e la vicinanza con lo squallore intorno la stazione centrale non lo ha aiutato; esattamente dal lato opposto c’è l’Excelsior Hotel Gallia con ben altro standing, ma è pure vero che l’affaccio su piazza Luigi di Savoia del “Michelangelo” era alquanto deprimente.
Anche l’area del centro congressi metteva una certa tristezza, non che fosse scalcinata era semplicemente poco moderna e difficile da proporre per eventi di qualche pretesa.
Infine, come tutti i palazzi costruiti intorno alla metà del secolo scorso, anche questo era inefficiente dal punto di vista energetico e i costi di ristrutturazione e di adeguamento alle necessità del XXI secolo erano evidentemente eccessivi; tutto questo ne ha segnato la sorte.
Com’è, come non è, le finestre del “Michelangelo”, i suoi tubi e cavi elettrici stanno finendo in fonderia, porte e mobilia immagino siano già state macinate per farne pannelli in truciolato, mentre il cemento è destinato a diventare sottofondo in qualche strada.
Nascerà un nuovo complesso, nel classico stile da grattacielo che ammicca all’ambiente, prevalentemente destinato a uffici: di ciò che costruisce l’uomo, in un attimo o nei millenni nulla è destinato a sopravvivere.