Ieri sera retequattro si è prestata a un’operazione di propaganda vergognosa, con le sue telecamere e l’iscrizione all’ordine dei giornalisti di tale Giuseppe Brindisi; ha fatto passare come “giornalismo” l’enormità di un figuro intento a coprire le fosse comuni e immondizia simile…
La liberaldemocrazia, la tutela della libertà d’opinione e del diritto di farsi un’opinione sono una cosa diversa dall’assoluta assenza di principi e di etica professionale: il giornalismo libero non è quello che dà la parola al Lagerkommandant di Mauthausen per fare pari con le urla degli ebrei che soffocano nelle docce.
Non importa “cosa” il ventriloquo di Putin abbia detto, anche se quello che ha detto vale di suo l’esecrazione più convinta: importa il fatto che – con la scusa del giornalismo libero e l’obiettivo dell’audience – il rappresentante di una dittatura che sta massacrando un popolo è stato chiamato a parlare con ogni onore e attenzione nelle case degli italiani, presentato né più né meno come se fosse una voce autorevole e rispettabile.
Inviteremmo uno stupratore, magari pure sadico, a dire «la sua verità» dopo essere stato ripreso mentre faceva le sue porcherie su una bambina? questo è ciò che è stato consentito allo sgherro del Kremlino, con le sue immonde parole che grondavano sangue, disprezzo per la verità, irrisione per i suoi ascoltatori e odio verso due popoli e due culture, quelle ucraina ed ebraica.
Nulla in ciò è andato in onda, è giustificabile. Il giornalismo prevede le domande, la pretesa di risposte plausibili e oggettive, il confronto con il mendacio e la capacità di dire “lei sta mentendo”; nulla di tutto questo è accaduto, peggio: una rete televisiva italiana si è prestata a uno squallido servizietto, che confermerà lo sgherro nella sua convinzione di poter maramaldeggiare ovunque senza rischio alcuno.
Il tutto per poter dire, alla fine «Buon lavoro, Ministro Lavrov», per poter dire buon lavoro al Lagerkommandant di Mauthausen.