Commentando questa immagine, un caro amico dice che Burioni dovrebbe “Rispondere nel merito”, e perché mai?
Ogni giorno si alza qualcuno e “scopre” qualcosa, interpretando con i piedi ciò che legge, dando fede a gente indegna o rifiutando semplicemente di fare la fatica di provare a capire.
Diciamola una volta per tutte: arriva un momento – di solito intorno ai quattordici anni – in cui ciascuno si deve prendere le proprie responsabilità.
Per esempio, io non comprendo, non ho mai compreso e mai comprenderò, la teoria della relatività generale di Einstein, la storia dei due gemelli e tutto il resto: ebbene non vado in giro a rompere l’anima a chi ha studiato fisica. Io non ho capito, loro sì, e comunque quella teoria funziona, a prescindere dalla mia ignoranza, quella teoria, assieme a tutta la fisica “ufficiale” funziona e fa funzionare il nostro mondo e buona parte della nostra tecnologia.
Applico la stessa regola in ogni campo della mia vita.
Per quanto abbia la patente da oltre trent’anni non sono un meccanico né un elettrauto: porto l’auto a riparare, pago la fattura e taccio.
Per quanto da quasi trent’anni io paghi i conti di casa grazie alla healthcare communication non sono e non sarò mai un medico; perciò, quando vado dal medico mi faccio spiegare le cose e poi decido, ma non gli impartisco lezioni di medicina o farmacologia.
Ora, quel povero cristo di Burioni, che non è il paziente Giobbe ma piuttosto l’incazzoso profeta Elia, le cose della vita le ha spiegate in tutti i modi.
È andato in televisione, ha scritto articoli, ha messo su pure un sito; eppure, gli tocca ogni volta ripartire da zero, perché c’è sempre qualcuno che “sposta la domanda” che si attacca a un nuovo spuntone nella roccia (?? ???????? ?? ??????? ??????????, ?? ???? ?????? ?? ?? ?????? ???????????, ??’??????? ?? ?????? ????????????? ??????? ? ?? ????????? ????????? ??????????, ???? ??? ??????? ?? ???? ??????? ?? ?? ???????? ? ??? ??? ???? ????????????? ?? ??? ????? ???????????…) pur di non vedere la montagna intera.
Per anni ho dovuto spiegare a bande di scimuniti che l’HIV è un virus esistente e che causa l’AIDS.
Uno può anche non vedere l’HIV senza un microscopio elettronico, può anche chiedersi come mai la “storia naturale” di quell’infezione sia così lunga e variabile, ma resta il fatto che fino al 1996 il 98% dei contagiati moriva inevitabilmente di AIDS entro 10 anni e che dal 1996, anno di introduzione dei cocktail di antiretrovirali, la gente ha smesso di morire. Ognuno può credere a quello che vuole, e ancora oggi c’è chi crede che l’HIV non esista, ma la correlazione causale tra assumere farmaci antiretrovirali e campare a lungo e felici nonostante gli esami del sangue dicano che c’è una malattia mortale nel sangue è implacabile e dimostra che i postulati della medicina “ufficiale” sull’HIV funzionano, che è meglio non fare gli scemi e prendere gli antiretrovirali.
Bene, con quarant’anni di storia in meno ma circa 300.000.000 di anni/pazienti e cinquemiliardiduecentotredicimilionicentosettantacinquemilaseicentoventi dosi (5.213.175.620) al 29 agosto 2021 di vaccino somministrate in più, i postulati della medicina “ufficiale” funzionano -sostanzialmente- anche qui: chi si vaccina forse si ammala ma porta a casa la pelle molto in fretta.
Basta giocare, “arriva un momento – di solito intorno ai quattordici anni – in cui ciascuno si deve prendere le proprie responsabilità”, guardare in faccia la montagna contro la quale il mondo si è schiantato e fare quello che si deve fare.
Chi può farlo, si vaccini: mettiamo fine a questa storia. Game over.