Non ho neppure il coraggio di guardare i servizi su ciò che sta avvenendo, perché al di là dei fatti so già cosa sta avvenendo: un intero Paese diventa un campo di concentramento per ogni minoranza civile e sociale, per chiunque non rientri negli standard, per chiunque non si adatti.
Questa foto ritrae un gruppo di donne afgane fuori dall’Ambasciata degli Stati Uniti a Kabul il 1 marzo 2006, quando George W. Bush e Laura Bush hanno fatto una visita a sorpresa alla città e hanno inaugurato l’ambasciata.
Non le vedremo più così, non le vedremo più, e la colpa è dell’Occidente.
Siamo andati in Afghanistan senza credere nei nostri valori, nella superiorità (sì!) storica e morale del nostro modello sociale, nella sua doverosità: pari diritti per tutti, la forza della legge a fianco delle minoranze, lo stato contro chiunque attenti alle libertà fondamentali. Abbiamo occupato senza costruire.
Non è solo che gli afgani del XXI secolo sono stati trattati come i popoli latini tra le due guerre mondiali del XX, considerati incapaci di comprendere e “meritare” la democrazia per puro razzismo, è proprio che non crediamo in noi stessi, nella missione che la storia ci ha dato, nel nostro dovere di condividere la fortuna che abbiamo avuto, per convenienza prima ancora che per motivi etici, perché qualunque comunità non democratica è un pericolo costante per tutti.
Non abbiamo creduto e non crediamo in noi stessi, del resto le nostre società sono da decenni avvelenate da comunisti disposti a sostenere i peggio schifosi purché antioccidentali e da fascisti e/o bigotti disposti a fare altrettanto purché gli schifosi di turno abbiano in uggia chiunque non si uniformi al loro modello comunitarista.
Poco meno di un anno prima dell’attacco alla Polonia, Churchill commentava gli accordi di Monaco con la nota frase «Potevate scegliere tra la guerra ed il disonore. Avete scelto il disonore e avrete la guerra.», la storia si ripete ahinoi: pagheremo caro, e sarà pure giusto…